Opere

Chamber Music

Chamber MusicRaccolta di poesie, pubblicata nel maggio 1907, poco dopo il ritorno di Joyce a Trieste da Roma.

A lungo Joyce rimase incerto sull’opportunità di pubblicare queste sue poesie giovanili e, a quanto pare, solo una lunga, estenuante discussione col fratello Stanislaus nel corso di una passeggiata in Piazza delle Poste lo convinse.

Poesie

Dopo la pubblicazione di Chamber Music, Joyce continuò a scrivere occasionalmente poesie, alcune delle quali hanno ambientazioni triestine (Watching the Needleboats at San Sabba, On the Beach at Fontana) o si riferiscono a fatti ed eventi che ebbero luogo nel periodo triestino. Alcune di queste poesie (A Flower Given to my Daughter, Nightpiece) hanno palesi collegamenti con gli eventi narrati in Giacomo Joyce o si riferiscono alla sua relazione con Nora (Tutto è sciolto e She Weeps Over Rahoon), mentre Nightpiece ebbe anche un ruolo nella genesi di Finnegans Wake. Queste poesie vennero raccolte nel 1927 sotto il titolo di Poems Penyeach.

Dubliners

Dubliners, 1914 - Dust jacket

I tentativi di Joyce di pubblicare Dubliners si susseguono lungo tutto l’arco della sua permanenza a Trieste.

Questa “Odissea” editoriale (ricostruita fedelmente nella sezione Cronologia di questo sito) dura quasi dieci anni, dal primo contratto con l’editore Grant Richards agli inizi del 1906 (anche se l’ultimo racconto, The Dead, non fu completato fino all’ottobre del 1907) alla pubblicazione che avviene nel giugno del 1914 e vede vicissitudini di ogni tipo, rifiuti a raffica da parte degli editori e la distruzione della prima edizione nel 1912. Ad eccezione di alcuni palesi prestiti, come il nome “Sinico” dato a due personaggi di A Painful Case, l’influenza di Trieste su questi racconti sembra essere minima e obliqua.

Portrait of the Artist as a Young Man

A Portrait of the Artist as a Young ManQuando arrivò a Trieste nel 1904, Joyce aveva già scritto 12 capitoli del suo romanzo Stephen Hero, cominciato nel corso di quell’anno.

L’8 settembre 1907, sempre più insoddisfatto della forma del romanzo, disse a Stanislaus che l’avrebbe riscritto in cinque capitoli dopo la conclusione del suo racconto lungo The Dead.

Quando Joyce arrivò a Trieste nel 1904 aveva già scritto 12 capitoli del suo romanzo Stephen Hero, cominciato nel corso di quell’anno. L’8 settembre 1907, sempre più insoddisfatto della forma del romanzo, disse a Stanislaus che l’avrebbe riscritto in cinque capitoli dopo la conclusione del suo racconto lungo The Dead. Verso la fine di novembre aveva riscritto il primo capitolo di Stephen Hero come primo capitolo di Portrait; verso marzo del 1908 aveva finito il secondo capitolo e per aprile aveva dato il terzo da leggere a Stanislaus. A questo punto, la revisione di Stephen Hero sembra arrestarsi, in parte a causa delle difficoltà di rappresentare la crescita di Stephen dopo l’episodio del sermone e in parte a causa delle difficoltà economiche di Joyce e della frustrazione collegata alla scrittura che lo porterà a considerare altre scelte per arrivare al successo e alla prosperità.

Nel febbraio del 1909 Italo Svevo –cui nel 1912 Joyce avrebbe spedito la celebre cartolina qui riprodotta recante la scritta «A portrait of the artist as an old man. Stephen Dedalus» – scrisse a Joyce una lettera contenente le sue impressioni sui primi tre capitoli. Tuttavia nel febbraio del 1911, la frustrazione di Joyce era tale che egli gettò il manoscritto di Portrait nella stufa accesa da cui lo trasse, fortunatamente salvandolo, sua sorella Eileen. Nell’agosto del 1912, Joyce scrisse a Nora riferendole che l’editore Roberts gli aveva chiesto di finire il suo romanzo e che, se Dubliners fosse stato pubblicato, si sarebbe «tuffato nel romanzo» e l’avrebbe finito (un segnale abbastanza chiaro del fatto che la scrittura del libro non aveva fatto alcun significativo progresso in più di quattro anni).

La svolta si ebbe soltanto con la scoperta di Joyce da parte del poeta americano Ezra Pound, che scrisse a Joyce nel dicembre del 1913 chiedendogli il permesso di pubblicare una sua poesia in un’antologia che stava preparando assieme a Yeats. Nel gennaio del 1914 Joyce gli spedì i primi capitoli di Portrait, che Pound giudicò «roba dannatamente eccellente» e nel giro di poche settimane il romanzo cominciò a uscire a puntate sul periodico inglese “The Egoist”.
Inoltre, nel marzo dello stesso anno, Joyce aveva finalmente firmato un contratto di edizione con Grant Richards per Dubliners (pubblicato nel giugno successivo) e questi due avvenimenti sembrano averlo indotto a portare a termine il Portrait durante il 1914.
Il rilievo della città di Trieste in queste pagine, può essere più chiaramente individuato negli ultimi due capitoli, che rivelano alcune interessanti analogie con Giacomo Joyce sia in termini di contenuto (la presentazione dell’amata e i riferimenti a Dowland, etc.) sia stilisticamente (lo staccato, lo stile “giornalistico” delle pagine finali).

Giacomo Joyce

Giacomo JoyceGiacomo Joyce rimane il più enigmatico dei testi di joyciani.

Con l’eccezione di alcune poesie, questo breve testo in prosa poetica è la sola opera di Joyce esplicitamente ambientata a Trieste e, a causa delle sue contraddizioni interne e della caratteristica allusività, crea diversi problemi a chi si sforza di portarne a termine un’analisi.

Di quest’opera non conosciamo ancora la data di composizione (presumibilmente tra il 1912 e il 1914); ancora, dopo tutte le supposizioni fatte e la vera e propria caccia che le è stata data dagli appassionati cultori di cose joyciane, non sappiamo esattamente quale sia la giovane studentessa alla quale l’opera più direttamente si ispira (Amalia PopperEmma Cuzzi, una sconosciuta? Ovviamente la risposta consisterà nel riconoscere che il ritratto è la somma di parti provenienti da personaggi diversi; ancora non ci sono chiare le intenzioni di Joyce a riguardo (è un testo completo? Si tratta di elaborati appunti preparatori per un’opera più estesa? oppure della condensazione, del distillato di un’opera in prosa più lunga che non esiste più? Joyce era intenzionato a ritornare su questo testo?); per non dire che ancora non è certa l’esatta intersezione e l’esatto ordine dei diversi segmenti né ci riesce agevolmente di comprendere a quale forma letteraria esso si ispirasse o fosse improntato (era modellato su qualche modello canonico come la Vita Nuova di Dante o i sonetti di Shakespeare? Esiste un codice specifico interno al testo?).

In ogni caso, Giacomo Joyce segna una svolta negli scritti del romanziere irlandese, sia in termini di stile che di approccio alla materia narrativa e una prova di ciò può essere considerata la frequenza con cui, negli anni successivi, Joyce lo riprese in mano, incorporandone molti segmenti in altri scritti (soprattutto nei due capitoli finali del Portrait e negli episodi Proteus, Scylla and Charybdis e Circe di Ulysses, ma anche in Finnegans Wake, sebbene in un modo molto più indiretto).
Emma Cuzzi Dopo la partenza di Joyce da Trieste nel 1920, il manoscritto rimase a Trieste a casa di Stanislaus e fu reso noto da Ellmann che ne aveva avuto in regalo il manoscritto dalla vedova di Stanislaus e che ne inserì alcune parti nella prima edizione della sua biografia di Joyce. Ma gli scrupoli di Ellmann riguardo la persona che egli era sicuro fosse il primo modello dell’opera, Amalia Popper, fecero sì che il testo non fosse pubblicato se non dopo la morte di lei nel 1967.

Exiles

ExilesCome il nome suggerisce, Exiles è un testo teatrale incentrato sull’abbandono della patria e delle proprie radici e sulla lontananza e, come tale, può essere facilmente ricondotto alla situazione in cui si trovava Joyce dopo quasi un decennio di permanenza a Trieste.

Come il nome suggerisce, Exiles è un testo teatrale incentrato sull’abbandono della patria e delle proprie radici e sulla lontananza e, come tale, può essere facilmente ricondotto alla situazione in cui si trovava Joyce dopo quasi un decennio di permanenza a Trieste.
La commedia fu probabilmente iniziata verso la fine del 1913, sicuramente dopo che Roberto Prezioso aveva tentato di sedurre la compagna di Joyce, Nora, e fu portata avanti durante il 1914 (più tardi Joyce disse al suo agente, Pinker, che la commedia era stata portata a termine nell’aprile del 1915).
A ogni modo è evidente che l’”esilio” del titolo si riferisce, oltre che alla lontananza da una madre patria, alla distanza tra le persone che, in questo caso, sono impegnate in un complicato quadrilatero che coinvolge due coppie. La pièce introduce il tema dell’adulterio come ineliminabile aspetto della condizione umana, permeante e permanente e, in quanto tale, rappresenta anche un importante testo di transizione nello spostamento di Joyce verso i temi che domineranno Ulysses (in cui i temi dell’esilio e dell’adulterio sono centrali).

Ulysses

La genesi, il concetto e la struttura di Ulysses sono impensabili senza Trieste, perché il romanzo, sebbene riguardi palesemente Dublino, è in realtà una storia di due città in cui la seconda, Trieste, viene nominata esplicitamente solo una volta, nell’episodio Eumeus.

ULYSSESLa genesi, il concetto e la struttura di Ulysses sono impensabili senza Trieste. Perché Ulysses, sebbene riguardi palesemente Dublino, è in realtà una storia di due città in cui la seconda, Trieste, viene nominata esplicitamente solo una volta, nell’episodio Eumeus.
In Ulysses c’è un continuo e complesso sdoppiamento di persone, ambienti ed eventi, in cui taluni soggetti e talune conoscenze che Joyce fece a Trieste sono sovrapposti, ovverosia appaiono in veste contrappuntistica, alla sua meticolosa e solo apparentemente diretta ricreazione di Dublino. Alcuni di questi elementi sono abbastanza evidenti: a partire dal protagonista, Leopold Bloom, un ebreo convertitosi dopo la diaspora centroeuropea, il cui nome deriva molto probabilmente da una sintesi tra i due soci in affari triestini Leopoldo Popper e Adolf Blum, cui si aggiungono personaggi che Joyce incontrò per la prima volta a Trieste (o ebbe l’occasione di approfondire a Trieste la loro conoscenza). Altri elementi sono: la psicanalisi, il futurismo, l’opera lirica, un’espressione molto particolare di ebraismo, l’orientalismo e così via. Ulteriori elementi molto specifici e oscuri sono, per esempio, il nome di un sapone o un cappello, oppure l’uso di parole specifiche e di allusioni. In molti casi, invece, questi collegamenti sono più sottili, meno circostanziati e quindi più difficili da dimostrare. Tra gli elementi di “contaminazione” chiaramente triestina ci sono anche la corruzione (specialmente linguistica) e l’ibridazione e, forse in modo molto più significativo, il problema dell’identità, della fede e della storia.
Ulysses è l’epica di Dublino vista attraverso gli occhi di qualcuno che ha vissuto per dieci anni a Trieste e la sua dinamica e la sua struttura devono molto all’alternarsi e alla giustapposizione del Joyce pre- e post-triestino, di Stephen Dedalus e Leopold Bloom che percepiscono il mondo dalle loro prospettive radicalmente differenti e nei quali gli eventi della vita di Joyce sono contestualizzati a Dublino, ma spesso trovano il loro significatoe la loro risonanza grazie proprio a Trieste

Articoli

Tra il 1907 e il 1912, Joyce scrisse nove articoli per il giornale locale, “Il Piccolo della Sera”. Tutti questi articoli trattano soggetti irlandesi: si va dal primo articolo del 22 marzo 1907 intitolato “Fenianism: The Last Fenian”, sulla morte di John O’Leary, all’articolo sulla “Home Rule” del maggio dello stesso anno, dall’articolo su “Oscar Wilde”, scritto per la prima teatrale triestina di Salomé di Richard Strauss, nel 1909 e per la pubblicazione di The Shewing-Up of Blanco Posnet di George Bernard Shaw, agli ultimi articoli scritti da Joyce durante la sua permanenza a Galway nel 1912. Questi articoli sono di interesse considerevole, in quanto riflettono gli atteggiamenti verso il suo paese natale, spesso ambivalenti e soggetti a cambiamento. Joyce tentò inoltre di scrivere altri articoli sia per “Il Piccolo della Sera” che per altri quotidiani italiani (sulla Esposizione commerciale di Dublino del 1907, interviste a Caruso e a Marconi nel 1909 e nel 1912). Nel 1914, Joyce cercò di suscitare l’interesse dell’editore italiano Formìggini per una raccolta di suoi scritti intitolata “Ireland at the Bar” (Irlanda alla sbarra), ma non se ne fece nulla.

Redazione Piccolo

Conferenze

Joyce tenne alcune conferenze durante il suo periodo a Trieste che gettano luce sullo sviluppo del suo pensiero e della sua visione critica. La prima conferenza, “Ireland, island of saints and sages” fu tenuta il 27 aprile 1907 per l’ Università popolare. Joyce avrebbe dovuto tenere originariamente tre conferenze, ma le altre due, sul poeta irlandese James Clarence Mangan e sul rinascimento letterario irlandese furono cancellate (sebbene esista ancora una copia parziale della conferenza su Mangan). Nel febbraio del 1912, Joyce tenne due ulteriori conferenze per l’ Università popolare su “Idealismo e Realismo nella letteratura inglese” e su “William Blake e Daniel Defoe”.

 

Scuola di via Giotto

Queste conferenze sono documentate e forniscono importanti informazioni su come Joyce collocava se stesso all’interno della tradizione inglese. Le ultime e più importanti conferenze di Joyce furono una serie di 10-12 conversazioni sull’Amleto di Shakespeare, tenute tra il novembre del 1912 e il febbraio del 1913 nella sala pubblica della Società Minerva. Nella sua richiesta ufficiale alla polizia di tenere le conferenze, le descrive come un “commentario verbale e un’analisi critica ed etimologica” delle commedie di Shakespeare. Sfortunatamente, queste conferenze non esistono più, ma, basandosi sugli appunti rimasti, possiamo vedere che Joyce lesse molto e che il suo approccio includeva, inoltre, una dissertazione sull’Inghilterra elisabettiana e sulla vita di Shakespeare. Molto di questo materiale utilizzato per le conferenze, indubbiamente verrà convogliato nell’episodio di “Scilla and Cariddi” di Ulysses.

Dopo Trieste

Joyce continuò a mantenere contatti con Trieste e pubblicizzò le sue opere in Italia per lungo tempo dopo avere lasciato la città adriatica. Questi contatti avevano varie forme, da un vivo interesse dato dalle traduzioni in italiano delle sue opere (come evidenziato dalla stretta collaborazione con il suo maggior traduttore italiano, Carlo Linati, e dalla supervisione alle traduzioni di Dubliners di Amalia Popper), sino alla pubblicizzazione delle sue opere sulla stampa italiana (Joyce propose anche a Stanislaus di menzionare il libro di Lucia Joyce intitolato “ABC” ne “Il Piccolo” e infatti vi apparve un breve accenno nel 1936). Comunque, l’esempio più evidente dell’interesse costante e dell’attaccamento di Joyce a Trieste deve essere cercato in Finnegans Wake, che include numerose parole e allusioni italiane e triestine. In ogni caso, uno degli ultimi tentativi più creativi di Joyce sarà la traduzione in italiano, assieme a Nino Frank, di Anna Livia Plurabelle nel 1938 (Frank afferma nelle sue memorie che la traduzione era di Joyce al 75%). Più che di una traduzione si trattava di un testo originale e questa versione di Anna Livia Plurabelle dimostra l’assoluta padronanza dell’italiano di Joyce, mentre la sua geniale e intima conoscenza del ritmo, del timbro, del colore e dell’allusività ci mostra quanto Joyce aveva assimilato – e trattenuto – dei suoi anni triestini.

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